Perchè ridiamo? Ce lo dice Bergson

Quante volte ci capita di sorridere mentre siamo seduti sull’autobus o mentre siamo al lavoro, solo perché ci ricordiamo di una scena vissuta con un amico giorni prima? E quante volte la nostra risata scoppia fragorosa contagiando tutti coloro che ci sono vicini? I motivi e il significato del riso sono stati studiati in diversi ambiti per secoli; oggi approfondiamo l’argomento dal punto di vista filosofico, grazie alla figura di Bergson.

Nel celebre trattato “Il riso – saggio sul significato del comico” (1961), Bergson dice testualmente che “il riso merita di essere compreso perché è un’espressione della vita“. L’uomo è infatti un animale che ride, ma soprattutto sa far ridere gli altri; è inoltre un animale sociale e proprio per questo si può anche dire, a buon diritto, che il riso sia un fenomeno sociale. Io rido perché la persona che mi suscita questa reazione ha stretto con me un tacito patto di complicità, di intesa, anche se solo temporaneo. Inoltre chi ride, non si lascia trasportare emotivamente dalla scena che lo diverte: solo così, da semplice spettatore, si ride per esempio di una disgrazia altrui.

Henri Bergson

Bergson si chiede poi: cosa ci fa ridere? Una marionetta perché i suoi gesti sono meccanici e troppo rigidi. Una persona che scende le scale perché in modo goffo tenta di fare anche un ultimo gradino, che in realtà non c’è. Il nostro compagno di banco quando imita durante la lezione il professore, di spalle, in maniera grottesca. Ridiamo e non c’è una regola, ma solo tanti motivi e tante occasioni.

Ciò non significa che il riso sia fine a se stesso; lo stesso Bergson sottolinea più volte nel saggio citato, che ridere è un alto valore per l’uomo. Serve infatti per correggere i costumi ed è un motore di guarigione per i vizi.

Noi tutti siamo allora istintivamente e per natura comici: cerchiamo di non perderla mai questa virtù!

 


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